“Se puoi sognarlo puoi farlo”! Così diceva Walt Disney (Tom Fitzgerald nella versione più accreditata). Problemi di attribuzione a parte, siamo tuttǝ consapevoli della problematicità che si annida in una simile affermazione, ma ciò che invece non tuttǝ sanno è che se sei una bambina o una ragazzina tendenzialmente alcune cose non le sognerai affatto. È questo il significato dell’espressione inglese dream gap impiegata per descrivere quel fenomeno per cui le bambine, sentendosi meno capaci e valide dei loro coetanei maschi, perdono fiducia in se stesse e smettono di credere di poter intraprendere determinate professioni. Ma cosa si colloca alla base di una simile convinzione? Ecco le nostre #EvidenzeStrutturali dedicate al 25 novembre.
Tra le cause che impediscono alle bambine di esprimere appieno il proprio potenziale e realizzare i loro sogni ci sono norme di genere dannose, monolitiche e anacronistiche nozioni di femminilità, discriminazioni e mancato accesso a una lunga serie di diritti. Tutti fenomeni che tendono a manifestarsi già dalla più tenera infanzia. Come dimostrato da uno studio sul dream gap pubblicato su Nature, infatti, già a sei anni nelle bambine si sviluppa la convinzione che determinate attività siano appannaggio esclusivo dei maschi perché dotati di un’intelligenza superiore.
I bambini, dunque, recepiscono precocemente gli stereotipi culturali sull’intelligenza e la genialità e malgrado i genitori non approvino (almeno non consapevolmente) tali stereotipi, le prove raccolte testimoniano che essi finiscono con il dare credito agli stessi, lasciando che influenzino le aspettative nutrite sul futuro dei figli. A questo riguardo, un rapporto del 2014 svolto su un campione di genitori americani ha rilevato che essi hanno cercato su Google “Mio figlio è un genio?” più del doppio delle volte in cui hanno googlato “Mia figlia è un genio?”. Per le ragazze, infatti, la domanda più frequente era relativa alla loro fisicità: in particolare, “mia figlia è in sovrappeso?” è stato cercato circa il 70% in più rispetto alle volte in cui è stata posta la domanda “Mio figlio è in sovrappeso”?
Falsi miti
Lo studio sul dream gap, inoltre, suggerisce che questi stereotipi possono avere effetti duraturi e che, una volta interiorizzati, inizieranno a guidare gli interessi di bambine e ragazze lontano da ciò che percepiscono come non adatto a loro. In questo modo, non solo si radicherà la convinzione che le capacità intellettuali più sviluppate siano tipiche dei maschi, ma si farà progressivamente spazio anche l’idea che tra le principali qualità a cui una bambina deve ambire c’è, invece, la bellezza. E tanto più precocemente i bambini acquisiranno la nozione che l’acutezza sia una qualità maschile e la bellezza una qualità femminile, tanto più violentemente tale nozione influenzerà le loro aspirazioni future. Per ambire alla bellezza, infatti, una ragazza dovrà lavorare incessantemente su una serie di caratteristiche fisiche come la magrezza ritenute imprescindibili per riuscire a ottenere quella che Naomi Wolf ha definito la “qualifica professionale della bellezza”. Allo stesso modo, lo stereotipo secondo cui i maschi sono più bravi in matematica finisce davvero per ostacolare le prestazioni delle donne in questo campo e compromettere il loro interesse per le professioni fondate su questa disciplina.
Gli stereotipi che associano capacità e processi cognitivi come il ragionamento matematico a un genere piuttosto che a un altro si manifestano proprio all’interno di quegli ambienti, come la scuola e la famiglia, che al contrario dovrebbero offrire indistintamente a bambini e bambine gli strumenti necessari per dare forma al loro futuro. E, invece, molto più frequentemente accade l’esatto contrario. Infatti, mentre i bambini vengono stimolati a svolgere – anche solo per gioco – professioni avventurose, autorevoli o, comunque, retribuite, alle bambine si regalano trucchi giocattoli per farsi belle e le si fa giocare con bambole e cucine per svolgere mansioni che, nella vita reale degli adulti, non prevedono retribuzione alcuna.
Abbattere il dream gap
Il problema, naturalmente, non è rappresentato dai giochi in sé, quanto dalla rigida differenziazione che viene fatta tra i giochi riservati ai maschi e quelli riservati alle femmine. Una differenziazione che è volta ad addestrare ai ruoli di genere e ai modelli sociali e che, a sua volta, contribuisce ad acuire il dream gap. Infatti, il divario di sogni, che separa le bambine dal loro potenziale, prescinde da determinazione e talento e riguarda, piuttosto, il modo in cui la società ha sempre visto e rappresentato le donne fino a quando questa rappresentazione, fortemente stereotipata e spesso priva di modelli di ruoli di successo, ha finito con il privare le bambine delle risorse e del sostegno di cui hanno bisogno per continuare a credere di poter diventare qualsiasi cosa desiderino.
Virgilia De Cicco