In alcune scuole medie e superiori del comune di Cividale del Friuli, in provincia di Udine, è stato distribuito e poi ritirato un opuscolo antistupro dal titolo «Prevenire le aggressioni, combattere la violenza». Lo scopo, come si intuisce facilmente dalla denominazione scelta per l’opuscolo, era quello di limitare le aggressioni a sfondo sessuale, il risultato – apparentemente meno scontato – l’ira di studenti e studentesse.
Come prontamente hanno fatto notare i collettivi studenteschi, infatti, suggerimenti e raccomandazioni contenuti all’interno dell’opuscolo antistupro erano rivolti prevalentemente alle giovani donne che venivano invitate, per esempio, a non fare sorrisi ironici o provocatori a uno sconosciuto. Come se un’aggressione potesse dipendere da un sorriso ammiccante piuttosto che da un abito succinto. Perché come si legge all’interno dell’opuscolo alcuni studi confermerebbero la connessione di causa-effetto tra vestiario ed episodi di violenza. Secondo gli studi in questione (quali però non è dato sapersi), abiti eccessivamente stravaganti o succinti potrebbero richiamare l’attenzione di persone particolarmente violente, facendole travisare l’intenzione della vittima.
Un’immagine da far accapponare la pelle tanto è intrisa di stereotipi e paradigmi sessisti. Se da un lato, infatti, riduce i ragazzi a esseri del tutto incapaci di rispondere e controllare i propri istinti, dall’altro responsabilizza le ragazze per l’aggressione ricevuta. Lo avessero chiamato il “decalogo perfetto della cultura dello stupro” almeno non staremmo state qui a parlarne. E invece no. L’opuscolo è stato realizzato nella convinzione di poter fornire un valido contributo alla riduzione degli episodi di violenza… hai voglia di ripetere che la violenza sulle donne non dipende in alcun modo dalla loro capacità di evitarla.
Come ha recentemente ricordato Elena Biaggioni, vicepresidente di Di.RE, «la violenza dipende da chi la agisce». Un’affermazione rilasciata su Il dubbio a proposito del femminicidio di Martina Scialdone per rispondere ai tanti (troppi) che si sono domandati come sia stato possibile che Scialdone, pur essendo un’avvocata, mancasse degli strumenti necessari per capire che a quell’ultimo incontro proprio non avrebbe dovuto presentarsi. Anche questa volta, dunque, si è assistito a un riuscito tentativo di capovolgimento delle responsabilità. Perché se la colpa è, sì, di chi preme il grilletto non può non esserene attribuita una parte anche a chi ha deciso di presentarsi all’appuntamento col carnefice. Ma chiedersi perché questo sia successo non riporterà Martina Scialdone in vita, né permetterà alla sua famiglia di ottenere giustizia. Servirebbe, piuttosto, interrogarsi sul perché l’ennesima donna ha trovato la morte per mano di un uomo violento e, soprattutto, da dove arriva quella rabbia che arma la mano di chi uccide. Ma per questi interrogativi non sembra esserci spazio. Non all’interno di una società che spesso giustifica i comportamenti aggressivi di uomini violenti come parte integrante e irriducibile della loro stessa natura.
Ed è proprio la naturale aggressività degli uomini – guarda caso qualcosa di biologicamente immutabile – a essere impiegata per legittimare quel sistema di valori che vede gli uomini detenere potere e privilegi. E anche chi non è capace di agire violenza sulle donne non può considerarsi estraneo alla cultura patriarcale. Lo dimostra, tornando all’episodio generatore di questa riflessione, l’opuscolo antistupro: finché il linguaggio scelto per parlare di violenza gronderà di paternalismo e victim blaming continueremo a schierarci dalla parte sbagliata della causa. Dalla parte di chi ci vorrebbe intimidite e remissive, pronte a farci carico di responsabilità che non abbiamo. E anche se il ritiro dell’opuscolo rappresenta una vittoria significativa ottenuta dai comitati studenteschi il caso non può ritenersi chiuso né finire nel dimenticatoio. Deve, anzi, costituire un monito affinché agli opuscoli antistupro si sostituiscano vademecum che educano al consenso. Alle accuse riservate alle vittime pene severe per gli aggressori. Ai corsi di autodifesa percorsi di terapia per uomini violenti.
Virgilia De Cicco