In regimi autoritari è estremamente difficile raccontare una versione dei fatti diversa rispetto alla propaganda ufficiale, e la Russia ne è un esempio. Fare controinformazione in Russia è un atto di coraggio e troppo spesso non conduce a esiti favorevoli: giornalisti e oppositori spariscono misteriosamente, come nel noto caso di Anna Stepanova Politkovskaja.
Proprio quest’anno la Russia è al 148° posto (su 180) per l’indice di libertà di stampa, secondo la classifica di Reporters Whitout Borders, un’organizzazione non governativa con sede a Parigi che si occupa di difendere la libertà di informazione. Freedom House invece ha pubblicato, nel non troppo lontano 2015, un report sulla repressione della libertà di stampa in Russia, che nella relativa classifica ha ottenuto un punteggio di 83 su 100, soprattutto a causa di ulteriori leggi limitative introdotte nel 2014.
La Costituzione della Federazione Russa garantisce, almeno formalmente, i diritti politici e sociali e le libertà personali, incluse quelle di parola e di stampa. Tuttavia il governo russo, esercitando l’applicazione selettiva di legge, censura e restrizioni, costringe la stampa indipendente all’autocensura, promuovendo e finanziando solo la stampa governativa e annullando di fatto lo spazio per la controinformazione.
Sono noti i pericoli in cui incorrono i giornalisti che tentano di fare controinformazione in Russia. Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti, dal 1992 al 2006 nel Paese sono stati assassinati 50 professionisti per la loro attività. Il 7 ottobre 2006 la giornalista Anna Politkovskaya, conosciuta per le sue aspre critiche alla politica della Russia in Cecenia e la sua ferrea controinformazione (o libera informazione, dipende dai punti di vista) è stata uccisa nei pressi della sua abitazione, scatenando clamore e disapprovazione in Occidente. Per quella vicenda Putin venne pesantemente accusato di non aver protetto i media liberi e indipendenti.
Se in Italia la libertà di stampa e di manifestazione del pensiero sembrano essere fuori discussione, in Russia non è così. Infatti gran parte dei media è sotto controllo governativo, e le poche “voci fuori dal coro” subiscono le continue pressioni del Cremlino. Il quadro si è ulteriormente aggravato nel 2012, con l’inizio del terzo mandato di Putin, quando sono state approvate numerose leggi che agevolano la censura e introducono più ampi strumenti di sorveglianza. Per citare un esempio, la Duma ha approvato una legge che consente il blocco di siti web con contenuti “estremisti”. Vi è anche il divieto di “propaganda per relazioni sessuali non tradizionali in presenza di minori”, che in sostanza mira a punire le notizie sugli omosessuali e prevede multe e, in alcuni casi, persino la chiusura del giornale.
Misure ulteriormente repressive della controinformazione sono state introdotte nel 2019, quando la Duma ha approvato una legge che prevede arresti e multe salate per chi critica il governo e le istituzioni, o chi diffonde fake news. Proprio di recente, lo scorso 30 aprile, questa legge (recentemente modificata e ampliata) è stata applicata contro la scrittrice e giornalista Tatiana Volskaya, presa di mira dagli investigatori dopo la pubblicazione di un articolo in cui denunciava la mancanza di ventilatori per la respirazione in un ospedale durante la pandemia da coronavirus. Citando un medico da lei intervistato ha affermato che, per la carenza di tali attrezzature, il personale medico è stato costretto a scegliere chi curare. Proprio a causa di quest’intervista, la giornalista potrebbe essere accusata penalmente di aver diffuso notizie false. La legge è stata aspramente criticata perché definisce come falso tutto ciò che non coincide con le informazioni ufficiali, imbavagliando ulteriormente giornalisti e blogger.
Sin dal 2009 il governo russo possiede il 60% dei giornali e quasi tutte le emittenti televisive nazionali, come riporta il succitato report di Freedom of press. Oltre infatti alle ferree restrizioni e alle pressioni del governo sui media indipendenti, questi sono poco numerosi e ovviamente privi di qualsiasi sovvenzione statale. Il governo ha puntato sulla proprietà diretta per controllare e influenzare i principali media nazionali e regionali, in particolare la televisione, che si è ormai totalmente allineata al Cremlino. L’unico canale formalmente non governativo è NTV, di proprietà di Gazprom, il colosso energetico in cui lo Stato ha però una partecipazione di controllo.
Ilaria Cozzolino, giornalista italiana che vive a Mosca, nel suo blog ci dà delle indicazioni importanti a proposito delle testate giornalistiche in Russia, e ci fa capire come sia fondamentale saper distinguere «le notizie del governo da quelle del popolo». Sebbene le testate indipendenti e sovversive abbiano vita difficile e la controinformazione sia poca, anche per le restrizioni e la censura applicate dal governo, c’è qualche spiraglio per così dire “rivoluzionario”.
Di recente infatti, come ci racconta Ilaria, nonostante l’attenzione rivolta alla pandemia da coronavirus, molte sono state le manifestazioni di protesta contro il referendum che ha concesso a Putin la possibilità di essere rieletto nuovamente alla guida del Cremlino, ma generalmente l’atteggiamento di parte della popolazione è abbastanza passivo. La Russia di Putin ha quindi fatto dell’oppressione e della repressione la sua legge, negando le libertà personali. In Italia la situazione, a livello legislativo e governativo, è ben diversa, ma possiamo oggi affermare con estrema certezza che i nostri media siano liberi? Si pensi all’impero creato da Silvio Berlusconi, e al recente e repentino processo di accentramento che stanno vivendo i maggiori gruppi editoriali, con l’instaurazione di relazioni sempre più strette con le grandi famiglie imprenditoriali italiane. Esemplare è il caso, come si legge in un articolo di Giovanni Castellano, del passaggio di proprietà del quotidiano la Repubblica ad una holding finanziaria olandese gestita dalla famiglia Agnelli.
La libertà di espressione, linfa vitale di un paese democratico, è ormai un miraggio nella Russia di Putin dove fare controinformazione è per legge un crimine. Ma l’indipendenza dei mezzi di informazione è un requisito essenziale per tutelare principi fondamentali e democratici, per questo è importante sostenere chi offre un’informazione indipendente da qualsiasi potere politico ed economico.
Martina Guadalti
Gentile Signora, a quale “fonti libere” fa riferimento? Forse le stesse che accusavano il presidente Siriano Assad di “gasare il suo popolo” salvo poi scoprire che si trattava di una manovra dei decoratissimi “white helmets”? Oppure quella che tace sulle manifestazioni neonaziste con esponenti politici nei paesi baltici? Se le piace leggere ed informarsi le consiglio di farlo con maggiore attenzione, magari darà un servizio migliore ai suoi lettori.