Se da un lato la sconfitta della sinistra (francese, italiana ed europea) è sotto gli occhi di tutti, c’è invece chi sostiene che Emmanuel Macron abbia in un certo senso vinto questa tornata a livello europeo. Il suo partito (LREM) ha ottenuto – in coalizione col minuscolo MoDem – il 22,31% delle preferenze, posizionandosi secondo dietro a Marine Le Pen e al suo Rassemblement National (ex Front National), vincitore per la seconda volta di seguito delle europee ottenendo il 23.43% dei voti espressi.
Macron ha vinto in Europa?
Nella ricomposizione politica del Parlamento Europeo che sta per aver luogo, con un’Inghilterra conquistata da Farage e la CDU della Merkel in caduta libera, il Presidente francese si pone già come unico e ultimo baluardo della salvezza dell’Unione contro il “populismo anti-europeista”.
Con il drastico calo dei S&D e del PPE, questi due gruppi tradizionali dovranno cercare un alleato per formare una coalizione al fine di ottenere la maggioranza in Parlamento. A parte i Verdi – che continuano a confermarsi la grande novità di queste europee –, l’unica forza plausibile in questo caso sembra proprio essere l’ALDE, i liberali europei che hanno conquistato ben 39 seggi in più rispetto alle ultime europee.
Potrebbe essere Macron, a questo punto ago della bilancia, a essere corteggiato dai due gruppi storici per ricevere il suo appoggio – e non il contrario. La scelta di Macron di schierare il suo partito con i liberali dell’ALDE, presa a inizio maggio, sembra quindi essersi rivelata vincente. Tuttavia, per il momento siamo solo alle ipotesi e la formazione del parlamento, così come della Commissione, richiederanno tempo.
Proprio facendo leva su questa posizione di forza – più data dalla circostanza che dai voti ottenuti –, Macron ha già messo in chiaro che rifiuterà il sistema dello spitzenkandidat, in base al quale il candidato principale del partito che ha ottenuto più voti a livello europeo diventa Presidente della Commissione. Esso porterebbe all’elezione del conservatore tedesco Manfred Weber, capolista del PPE, che Macron non reputa all’altezza – o, più semplicemente, non vuole gli rubi la scena proprio ora che ha la possibilità di presentarsi come unico salvatore dell’Europa.
Alle europee Macron ha vinto in Francia?
I risultati elettorali sembrano parlare chiaro: Marine Le Pen ha vinto e ciò dovrebbe complicare non poco gli ultimi anni di presidenza di Macron. Approfittando dei mesi di tensione dei gilet gialli, che hanno seriamente messo alla prova il Presidente francese, il discorso del Rassemblement National sembra aver fatto breccia nel cuore dell’elettorato.
Tuttavia, analizzando la situazione d’insieme nella sua complessità, l’estrema destra ha visto i suoi consensi in calo rispetto alle elezioni europee del 2014. Diciamo che i lepenisti hanno (ri)vinto le europee, ma con una percentuale più bassa di voti espressi (dal 24.86% a 23.43%). Non è tanto il punto percentuale in meno a essere significativo, quanto la non avanzata dell’estrema destra dopo diversi anni di pericolose narrative su immigrati, identità e giustizia sociale.
Al contempo, un sondaggio nazionale mostra che la popolarità del Presidente francese sta risalendo. A dicembre 2018, il mese peggiore per l’Eliseo – soprattutto a causa della drastica lotta al governo appena intrapresa dai gilet gialli –, l’indice di consenso per Macron si era stabilizzato intorno al 30%, mentre oggi può contare su un 40% dei cittadini apparentemente dalla sua parte.
E infatti l’Eliseo non è certo stato a guardare in questi ultimi mesi di crisi. Il Presidente francese ha applicato una strategia piuttosto chiara: aumentare le uscite pubbliche, dimostrarsi un uomo forte e, soprattutto, impostare il suo personaggio come garante della stabilità e dell’ordine contro il (preteso) caos che sta attraversando il paese transalpino.
Anche su scala europea la tattica di Macron è sotto gli occhi di tutti: egli ha ampliato e addirittura aiutato a creare quel clivage che ci ha accompagnato nei mesi della campagna per le europee, dove il progressismo secondo Macron è stato presentato come unica strada percorribile contro l’avanzata dei sovranisti e degli xenofobi. In parole povere, il Presidente francese ha interamente incentrato la sua retorica sulla sua figura come una scelta puramente binaria: o me o loro. O l’Europa (come se ne esistesse solo una, e come se fosse proprio quella di Macron) o la non-Europa. Una mossa speculare a quella adottata da Salvini & co.
Vittoria sul breve termine, azzardo sul futuro
Ma la strategia del Presidente francese sta iniziando a presentare il conto: sì, la sua popolarità in Francia è tornata a salire; sì, ha perso alle elezioni europee a livello nazionale ma si trova in una posizione favorevole in Parlamento Europeo. Ma a che prezzo?
In Francia, sempre più parlamentari dell’area di governo (LREM) sollevano critiche di fondo alla rinnovata anima del partito. Sempre più a destra, sempre meno progressista. Uno dei vari casi riguarda la parlamentare Aina Kuric, appena fuoriuscita dal gruppo di maggioranza, dopo che per mesi ha tentato di denunciare con forza la lontananza del suo partito dalle periferie e l’estrema attenzione dedicata interamente a Parigi. Fattore che, a suo dire, non permette di cogliere – e quindi risolvere realmente – le problematiche dei 63 milioni di francesi che non vivono nella capitale, in un paese così fortemente centralizzato.
Inoltre, ne segue che lo spostamento a destra dell’elettorato di LREM è stato evidente negli ultimi due anni.
La figura mostra che la percezione generale dei francesi è stata quella di uno scivolamento del partito di Macron sempre più verso l’asse destro dello scacchiere politico (segnalato qui dallo spostamento della curva arancione scuro). Ciò probabilmente spiega dove è finito quel 12% di elettori persi dal centrodestra alle europee 2019 rispetto alle precedenti, nel 2014. Infatti, nonostante un ottimo tasso di partecipazione a questa tornata elettorale e una percentuale totale addirittura in calo per l’estrema destra, milioni di elettori di centrodestra si sono volatilizzati. O sono andati da Macron.
Infine, la strategia “o con me o contro di me” resta un grande azzardo. I consensi vengono così ottenuti principalmente in funzione della paura dell’avanzata dell’estrema destra. Ma quella che oggi viene fatta apparire come una necessità, cioè salvare la democrazia e i valori liberali, sia in Italia che in Europa, potrebbe esaurirsi. In parole povere, senza Salvini e Le Pen, chi sarebbe Macron? Non si sa.
La sua figura spicca e si ritaglia spazi rilevanti quando i gilet gialli mettono a soqquadro Parigi, quando brucia Notre-Dame, quando i leader dell’estrema destra europea si incontrano a Milano… e basta. Al contempo, questa caratteristica non vale per i suoi avversari: si intravede bene cosa potrebbero essere Salvini e Le Pen senza Macron, e il Presidente francese cavalcherà questa gloria effimera tirandosi la zappa sui piedi per il futuro a medio termine. Ovvero quando si troverà (ancora una volta) a rincorrere i sovranisti sui loro cavalli di battaglia, piuttosto che essere lui a dettare l’agenda politica.
Lorenzo Ghione
Direi che almeno in Francia, quando viene utilizzato un sistema elettorale proporzionale come nel caso delle elezioni europee, la strategia di alleanza tra socialisti e repubblicani pur di contrastare l’estrema destra non funziona. Evidentemente vanno riviste tutte le scelte fatte in questi ultimi anni, ritrovare identità perdute, riconquistare il proprio elettorato di riferimento, altrimenti l’avanzata della destra sovranista sarà inarrestabile, purtroppo.
Come sempre ottimo articolo, chiaro e dettagliato.