YPJ e YPG, i curdi e la Turchia
Fonte immagine: Wikimedia Commons

“Ogni tempesta comincia con una singola goccia”. «Cercate di essere voi quella goccia. Vi amo tutti, spero farete tesoro di queste parole».

Lorenzo Orsetti (Orso Tekosher)

Sembrerebbe essere da sempre di tendenza l’attitudine, spesso alimentata anche dai media stessi, di creare nozioni e titoli scandalistici con l’unico scopo di sollecitare nei lettori sgomento e indignazione; nozioni che sono però quasi sempre errate. Questo è anche il caso delle milizie curde, conosciute con l’acronimo di YPG / YPJ.

Si tratta infatti di un’Unità di protezione popolare capeggiata in maggioranza da donne (ma non solo), che attiva dal 2012 circa ha rappresentato una delle maggiori resistenze a Daesh (stato islamico). Le milizie YPG / YPJ nascono nel 2004, ma soltanto nel 2012 vengono organizzate come vero e proprio esercito dei curdi siriani. Ed è infatti proprio dal luglio del 2012 che appaiono tra i protagonisti della guerra civile siriana iniziata pochi mesi prima. Gli equilibri cambiarenno nel 2003 a seguito dell’invasione americana dell’Iraq, successiva alla caduta di Saddam Hussein. Ma al culmine ci si arriva proprio durante una partita di calcio tra la locale squadra e quella di Deir Ezzor, durante la quale i tifosi ospiti iniziano a sventolare immagini ed effigi di Saddam Hussein. Ne scaturisce una violenta rissa con la popolazione curda, che vede nel gesto un affronto vero e proprio, e successivamente un intenso periodo di scontri, alla fine dei quali si contano 30 morti tra la popolazione civile curda. Poco dopo, per reagire a quanto accaduto, nascono le milizie curde che conosciamo oggi. Attualmente le YPG / YPJ controllano gran parte della regione del Rojava.

Nonostante il sostegno da parte del Pentagono e dei sempre più numerosi arruolati tra i foreign fighters (così vengono chiamati i combattenti occidentali) attirati alla Rojava Revolution dagli ideali di uguaglianza, libertà di culto, femminismo e sostenibilità ambientale, è sempre più evidente la marcata ignoranza di chi ancora si ostina a categorizzare sotto l’etichetta di “terrorismo” tutto ciò che non riesce a comprendere. Recentemente questa abitudine è stata riproposta dallo stesso Stoltenberg, segretario generale NATO, già noto per aver definito un “successo” la risoluzione dei poblemi attraverso i negoziati, e poi subito dopo per aver definito “terroristico” l’operato delle milizie curde (tralasciando il fatto che proprio lo stesso segretario dovrebbe avere ben chiara l’idea di terrorismo, giacché nel 2011 scampò egli stesso con suo figlio a un attentato da parte di un giovane neonazista).

Altri nomi che invece vale la pena menzionare a riguardo sono quelli di Nasrin Abdallah, comandante delle unità femminili di protezione popolare delle forze democratiche siriane (fds), popolare in Francia e in Italia anche grazie agli incontri avvenuti nel 2015; Maria Edgarda Marcucci (anche detta Eddi) conosciuta in particolare per aver combattuto nelle YPJ nel 2017, considerata “potenzialmente pericolosa” dal tribunale di Torino che non ha esitato a condannarla colpevole dell’essersi unita alle milizie curde; e infine, ma non per importanza, l’ormai martire Lorenzo Orsetti (Orso Tekoşer), conosciuto per essersi sacrificato (cadendo il 18 marzo 2019) al fine della pace: unico vero obiettivo di queste milizie, che anche Orso nella sua lettera d’addio non ha mancato di promuovere.

Mai più di ora, quindi, le parole del motto di queste donne e uomini combattenti possono essere di riferimento anche per una battaglia molto più grande, quella per l’uguaglianza e la libertà mondiale: “Jin, Ziyan, Azadi”, ovvero “Donna, Vita, Libertà”. Donne combattenti, punti di riferimento un gradino più in alto delle eroine fiabesche e degli eroi di fantasia. Storie di vita vera, cruda, ed estremamente ammirevoli sono quelle delle donne che ormai da anni capeggiano la resistenza curda. Iniziando a combattere spesso da giovani e facendolo con il consenso della loro famiglia, o a volte senza, dimostrano da subito di non avere la benché minima intenzione di piegarsi davanti a nulla.

Come si può quindi, far parte in qualche modo di questo cambiamento? Come possiamo noi stessi diventare quella goccia di cui parlava Orso?

Come possiamo vedere dalle notizie riportate dalla stampa, e in particolare dall’attacco della Turchia iniziato il 9 ottobre 2019 nella zona del Rojava occupata dal 2012 dalle forze curdo-siriane, possiamo constatare che la guerra in Siria è tutt’altro che finita. Ad oggi, sappiamo che il Pentagono continua a sostenere YPG, come dichiarato dallo stesso generale Patrick Ryder.

Spesso le grandi onlus umanitarie organizzano raccolte fondi per distribuire beni di primo soccorso a livello locale. Un altro modo sempre utile è quello di informarsi concretamente sul conflitto: oltre alle fonti internazionali possiamo infatti trovare su twitter i profili di reporter e inviati nelle aree in questione, come l’analista Charles Lister (Tw: @Charles_Lister), il giornalista di Buzzfeed Borzou Daragahi (Tw:@borzou) e l’inviato del Guardian Martin Chulov (@martinchulov).

Ma c’è anche chi è andato oltre, e si è arruolato per andare a combattere al fianco delle milizie curde. Partendo da Sulaymaniyah City (in Kurdistan, nel Nord dell’Iraq) si viene scortati fino alla base in Siria, e poi da lì verso l’accademia per i combattenti occidentali. Non è possibile portare con sé il cellulare, ma viene lasciata piena libertà di decidere se stare al fronte a combattere o fungere da aiuto nelle retrovie, e di andarsene in qualsiasi momento. Sempre più numerosi sono i giovani, come gli stessi foreign fighters, in grado di vedere oltre e nitidamente quella libertà non solo del popolo curdo, ma che spetta a ogni popolazione oppressa, che sembra essere sempre a portata di mano e che bisogna solo avere il coraggio di afferrare, unendosi.

Progetti per aiuti umanitari (onlus):
The kurdish project: https://thekurdishproject.org/kurdish-nonprofits/ 
(Agenzia digitale senza scopo di lucro, che ha come iniziativa l’educazione culturale per aumentare la consapevolezza in Occidente)

White helmets: https://www.whitehelmets.org/en/
(Organizzazione umanitaria di protezione civile formatasi durante la guerra civile siriana, i cui membri sono comunemente noti con il nome di “Caschi bianchi”)

Medici senza frontiere: https://www.medicisenzafrontiere.it/cosa-facciamo/paesi/siria
(Organizzazione umanitaria non governativa focalizzata sul fornire soccorso sanitario e assistenza a persone in tutti i luoghi del mondo in cui il diritto alla cura non è garantito)

Bambini in alto mare: https://www.aibi.it/ita/emergenza-siria/
(Tra le organizzazioni italiane presenti nella provincia di Idlib, insieme al partner locale Kids Paradise, portano avanti un progetto di sicurezza alimentare)

Benvenuti rifugiati: https://refugees-welcome.it/
(Programma di accoglienza per i rifugiati)

Islamic relief: https://islamic-relief.org/news/humanitarian-aid-for-kobanis-kurds/
(Organizzazione umanitaria internazionale, che ha la finalità di alleviare la sofferenza delle persone più bisognose del mondo)

Save the children: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/risposta-alle-emergenze/emergenza-siria
(Una delle più grandi organizzazioni internazionali indipendenti, opera in 125 paesi con una rete di 28 organizzazioni nazionali e una struttura internazionale)

Croce rossa internazionale: https://www.icrc.org/it/donazione/appello-la-crisi-siria
(Il CICR protegge e aiuta le vittime di conflitti armati e promuove il rispetto del diritto internazionale umanitario)

Caritas: https://archivio.caritas.it/home_page/attivita_/00000320_Siria.html
(Ente confessionale della CEI per la promozione della carità)

Unicef: https://www.unicef.it/
(Presente in 190 paesi, l’UNICEF si occupa di assistenza umanitaria per i bambini e le loro madri in tutto il mondo)

OXFAM: https://www.oxfamitalia.org/
(Confederazione internazionale di organizzazioni no profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo)

International Rescue Committee: https://www.rescue.org/
(Fornisce aiuti di emergenza e assistenza a lungo termine ai rifugiati e agli sfollati a causa delle guerre, delle persecuzioni o delle calamità naturali. Si concentra principalmente su salute, istruzione, benessere economico, potere e sicurezza)

Catholic relief services: https://www.crs.org/media-center/syrian-refugee-crisis-7-things-you-can-do-help
(Organizzazione no profit che si occupa di migliorare la sofferenza e la fame delle persone bisognose, indipendentemente da razza, religione o nazionalità)

Giulia Costantini

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui