Gli Esami di Maturità sono un rito di passaggio, una tappa fondamentale di ogni studente che si accinge a lasciare per sempre i banchi di scuola e a catapultarsi nel mondo universitario e nel mondo del lavoro. La scuola, la classe, gli insegnanti e i compagni sono sinonimo di famiglia: molto spesso è proprio in questi luoghi che si ritrova un ambiente caldo e felice in cui le emozioni di ogni tipo si fondono e fanno da padrone. Giunti al capolinea del proprio percorso scolastico, ogni studente è pronto ad affrontare gli Esami di Maturità senza tralasciare le ansie e le preoccupazioni tipiche di ogni maturando: tra queste non mancano i toto-traccia nell’attesa di scoprire chi sarà l’autore della prima prova di italiano. Nella Maturità 2012 la scelta ricadde su Eugenio Montale, autore di un articolo sul valore del tempo; altre scelte sorprendenti furono il labirinto e Paul Nizan, un po’ più scontate apparvero le tracce dell’ambito storico e dell’ambito tecnologico. Ma nel 2012 ci fu una delle prime novità della scuola digitalizzata in quanto l’allora Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo propose la novità del “plico telematico”: ogni scuola riceveva dal MIUR un codice alfanumerico da inserire nel sistema in modo da scaricare le tracce per via telematica ed evitare di imbustarle e inviarle ai singoli istituti. La novità del plico telematico è ancora oggi in uso.
Esami di Stato come rito di passaggio e tradizioni da rispettare
La pandemia globale ha rivoluzionato tutto ciò che si era sempre considerato scontato: le uscite con gli amici, una pizza in compagnia, i viaggi nelle più belle città del mondo e anche gli Esami di Maturità 2020. La scuola è stata oggetto di critiche e di cambiamenti repentini e tutti gli studenti hanno dovuto approcciarsi alla didattica a distanza, alle video lezioni e allo svolgimento dei compiti sulle piattaforme digitali, senza considerare le innumerevoli difficoltà collegate a questo nuovo modo di fare scuola.
Già durante i primi giorni dell’epidemia Covid-19 la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina aveva promesso agli studenti che gli Esami di Maturità si sarebbero svolti in presenza. Anche questa affermazione ha destato stupore e critiche da parte della comunità degli insegnanti, degli studenti e delle famiglie. In effetti la ministra ha mantenuto la parola data: la Maturità 2020 si è svolta in presenza e gli studenti e i docenti hanno potuto assaporare di nuovo il profumo dei banchi di scuola e il calore di una scuola che non abbandona nessuno.
Anche se gli studenti hanno ricevuto la possibilità di poter concludere con orgoglio il proprio percorso scolastico, la Maturità 2020 non è stata affatto una prova usuale: niente prove scritte, niente ansia per le tracce della prima prova, per le versioni di greco, per i compiti di matematica; solo una prova orale in presenza che è stata anch’essa completamente rivoluzionata.
Se però gli studenti e i docenti si sono emozionati a ritornare a scuola, è doveroso ribadire che il rito di passaggio degli esami di Maturità non è stato il solito e le ripercussioni della pandemia hanno decisamente influito anche sulle scaramanzie e sui rituali tipici dei maturandi. Innanzitutto i maturandi hanno rinunciato ai festeggiamenti dei fatidici 100 giorni: tra gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori è doveroso festeggiare con musica e rituali i 100 giorni che mancano agli esami di stato. Inoltre, per evitare assembramenti e coesione, i maturandi hanno rinunciato anche alla “Notte prima degli esami”, a quella “notte di lacrime e preghiere” in attesa di scoprire e di addentrarsi in un nuovo momento di vita. Infine, nel rispetto delle norme anti contagio, la prova orale è stata organizzata con precisione da parte dei dirigenti scolastici: gli studenti e i docenti hanno seguito un percorso per giungere in ampi luoghi, hanno indossato mascherine, guanti e hanno igienizzato gli ambienti al cambio di ogni candidato.
La prima prova di italiano della Maturità 2012
Quella del 2012 fu una maturità lunga e calda: cominciata il 20 giugno e terminata con gli orali alla metà di luglio, i maturandi italiani furono costretti a barcamenarsi tra libri e appunti tra una partita di calcio e un’altra. Proprio in quell’anno la nazionale italiana di calcio era impegnata negli Europei in Polonia e Ucraina e per questo gli studenti di tutta Italia cercavano di studiare e di concentrarsi pur non perdendo il momento ludico e di svago tipico di una partita: proprio alla vigilia del temuto “quizzone” l’Italia batteva l’Inghilterra donando felicità agli studenti impauriti dalla terza prova.
Gli esami di Maturità del 2012 serbarono stupore a docenti e studenti perché la scelta del MIUR ricadde su Eugenio Montale che fu il protagonista della prima prova di italiano. La scelta fu sorprendente in quanto Montale era già stato scelto quattro anni prima e ancor prima nel 2004. Tutti conoscono il poeta genovese, autore delle raccolte poetiche “Ossi di seppia”, “Xenia”, “Le occasioni”, “La bufera e altro”, ma in molti dimenticano che Montale è stato autore di scritti in prosa dal titolo “Auto da fé” pubblicati nel 1966 da Il Saggiatore.
Il titolo della prosa in questione era “Ammazzare il tempo”, pubblicato per la prima volta sul Corriere della Sera il 7 novembre 1961: Eugenio Montale si sofferma sul problema dell’uccisione del tempo che non darà mai i suoi frutti, ma è un problema che è preoccupante per gli uomini di oggi e per gli uomini di domani. Con l’espressione che dà il titolo all’articolo, Montale intende tenere l’uomo occupato per fuggire dal tempo che incalza e che non si arresta: ecco che diventa fondamentale inventare nuovi tipi di lavori inutili: gli uomini, vittime di processi di distruzione, hanno bisogno di impiegare il proprio tempo in cose banali e futili che rispondano a esigenze e bisogni altrettanto inutili.
Per quel che riguarda la tipologia B la traccia che più fece impallidire gli studenti della Maturità 2012 fu quella dell’ambito artistico letterario: il labirinto. Nei documenti forniti c’era Ludovico Ariosto con alcuni versi dell‘Orlando Furioso (Canto XII – ottave 7-12), Italo Calvino con un brano tratto da “Le città invisibili”, Umberto Eco con un passo da “Il nome della rosa” e infine Pablo Picasso con “Minotauromachia” e Escher con “Relatività”. Cosa significa labirinto? Il labirinto è il sinonimo della complessità della vita, dell’incertezza che ci pervade e delle scelte che siamo obbligati a fare nel corso della nostra esistenza. Da Teseo che con l’aiuto di Arianna riesce a uscire dal labirinto, passando per il folle Orlando fino a Dedalo e Icaro: la nostra letteratura è ricca di spunti di riflessione sulla tematica della complessità di qualche problema che deve essere risolto e di un’impresa che appare irrealizzabile ma invece giunge al suo lieto fine.
Nella Maturità 2012 il tanto discusso tema storico ebbe come protagonista un estratto da “La banalità del male” di Hannah Arendt: nel capitolo VII del suo saggio cerca di capire perché sono accaduti determinati fatti e perché si è giunti allo sterminio degli ebrei durante la II guerra mondiale. L’autrice descrive Eichmann come un uomo ordinario e misero che era solo in grado di eseguire ordini dai suoi superiori senza comprendere cosa stesse facendo; lui altro non era che il frutto di un regime totalitario che intendeva sottomettere tutti e che si limitava a svolgere mansioni senza esprimere una propria opinione e senza sottolineare che era una inaudita sterminare un popolo per far prevalere la razza pura, quella ariana.
Infine, dulcis in fundo, il protagonista del tema libero (tipologia D) fu Paul Nizan. Ancora oggi la sua frase risuona così forte ed è coì veritiera:
«Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita»
In un mondo così stretto, pieno di barriere e di muri, con ostacoli che diventano sempre difficili da superare, i maturandi che lasciano la scuola e il nido familiare si ritrovano senza terreno sotto i piedi e con un pungo di esperienza che resta nei ricordi e della memoria. Questa traccia, così singolare per gli studenti che svolsero gli esami di Maturità nel 2012, è ancora oggi un monito significativo e con una certa risonanza: non è vero che a vent’anni la vita è tutta rose e fiori e non è affatto vero che dopo la scuola si è finalmente liberi e responsabili; a vent’anni non si è grandi e non siamo pronti per il mondo.
Avere vent’anni oggi significa immettersi in un mondo corrotto che non valorizza i giovani talentuosi e tutti coloro che hanno voglia di esplorare e scoprire. Le ambizioni e i sogni appaiono così nitidi all’inizio che sembrano realizzabili, ma in realtà si scoprono fragilità e incertezze.
E anche quest’anno, con questi strani esami di Maturità, gli studenti sono ancora più fragili e spaesati, privi di certezze. Quello che è certo è che i giovani pur consapevoli delle avversità non smettono di sognare un mondo migliore, un mondo che valorizzi i talenti e infonda sicurezza e tranquillità.
Arianna Spezzaferro