Afrin, Siria: nel mese sacro del Ramadan un attentato uccide molti civili
Fonte: Il fatto quotidiano

Nel tardo pomeriggio della giornata di ieri, quinto giorno del mese sacro del Ramadan, è arrivata la notizia di un grave attentato avvenuto ad Afrin, città situata a nord di Aleppo, in Siria, e poco distante dal confine con la Turchia. Una città abitata prevalentemente da arabi e curdi, ma al momento sotto il controllo delle truppe turche e di quelle formazioni di ribelli siriane legate ad Ankara. Fino al marzo 2018 la città era sotto il controllo dei curdi siriani sostenuti dalle unità di protezione del popolo curdo Ypg e Ypj, ma poi l’offensiva turca ha costretto questi ultimi alla ritirata. Quasi subito, ieri, su Twitter si è diffuso il video dell’esplosione di Afrin: ripresa da una telecamera di sicurezza, si vede un furgone deflagrare mentre percorre una via molto trafficata della città, quella del mercato della verdura.

Il colpo risulta molto duro per Afrin: secondo Ahval, testata giornalistica turca che si presenta come “l’unica fonte di notizie libera e indipendente”, i morti sono 40 e 47 i feriti. La maggior parte delle persone coinvolte risultano civili, tra cui diversi bambini, e tra i sei e i quindici soldati turchi sarebbero morti. Quello di ieri è già considerato come uno dei più gravi attentati da quando la zona precedentemente sotto il controllo curdo è passata alle forze turche. Gli attentatori hanno colpito durante il Ramadan, e questo ha spinto molti ad attribuire sin da subito la responsabilità dell’attacco alle forze armate curde siriane (YPG/YPJ) e ai loro alleati turchi del partito dei lavoratori curdi, il PKK in conflitto con Ankara dagli anni Novanta. Tutte queste organizzazioni sono considerate come terroristiche anche da Europa e Stati Uniti.

Il Ministero della difesa turco, quello degli interni e altri esponenti del governo di Ankara hanno immediatamente accusato dell’attentato il PKK e le formazioni YPG/YPJ dell’attentato, come sempre è accaduto in circostanze simili. Accuse sempre respinte dalle milizie curde, anche oggi, quando Mazloum Abdî, comandante generale delle forze democratiche siriane (le SDF che raggruppano YPG e YPJ), ha definito l’attentato un atto criminale, “prodotto della politica di distruzione perseguita dall’occupazione turca e dai suoi mercenari”.  

Mariano Giustino, inviato in Turchia per Radio Radicale, che ieri ha lanciato la notizia dell’attentato dal suo profilo Twitter, sostiene che le modalità di questo attacco non rientrano in quelle solitamente utilizzate dalle formazioni armate curde. Queste, sostiene Giustino, “hanno di solito target militari” e un’azione di questo tipo, che ha coinvolto molti civili, se fosse di matrice curda segnerebbe un evento senza precedenti nella loro guerriglia contro la Turchia. Per questo, nonostante il grande fiume di commenti contro le formazioni armate curde che in queste ore stanno riempiendo i social, c’è da tenere in considerazione anche la possibilità che l’attacco possa essere di matrice jihadista: qualche giorno fa, infatti, sarebbero avvenuti degli scontri tra i soldati turchi e alcune formazioni di estremisti islamici nei pressi di Idlib, città del nord ovest della Siria vicina ad Afrin.

La situazione, quindi, è molto tesa anche tra i turchi e le formazioni jihadiste della zona e questo è un elemento da tenere bene in considerazione per tentare di capire cosa sta accadendo oggi in Siria.
La Siria è martoriata da un lungo conflitto, reso ancor più sanguinoso dalla nuova offensiva scagliata via cielo e via terra da Recep Tayyp Erdogan lo scorso ottobre nel Nord della Siria, con l’operazione “Primavera di Pace”, per creare un “cuscinetto” tra Turchia e Siria in cui far stabilire tutti i profughi siriani arrivati nei territori del Sultano di Ankara a causa della guerra civile tra Bashar Al-Assad, presidente siriano sostenuto dalla Russia di Vladimir Putin, e i promotori della rivoluzione siriana del 2011.

Uno scenario complesso in cui si deve tener conto del fatto che la Turchia ha invaso i territori autonomi curdi del Nord della Siria, che possiede il secondo esercito della NATO per dimensioni e potenza, e che la città di Afrin è abitata da molti curdi.
Dall’altra parte, oltre alle forze curde schiacciate in una guerra che non riescono a sostenere se non con una lunga resistenza pagata a caro prezzo, c’è la debole Siria, sostenuta però dalla Russia. Russia che non invade la Turchia semplicemente perché non può: in tal caso scatterebbe il famoso articolo 5 della NATO, quello per cui se un Paese viene attaccato tutta l’alleanza risponde. Senza dimenticare, il ruolo delle formazioni armate di jihadisti e dell’Is o Daesh, ancora presenti in diverse aree del fronte siriano.
 
Per l’elevato numero di attori coinvolti e le enormi complessità che si dispiegano all’interno di ognuno di essi, è importante aspettare eventuali rivendicazioni dell’attentato di Afrin prima di accusare una o un’altra fazione. In questo senso, infatti, un errore di attribuzione complicherebbe ancor di più il già difficile percorso di studio della costosissima e tragica guerra che la Siria ospita da troppo tempo.

Giovanni Esperti

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